Competenze nuove da portare a bordo, flessibilità nell’organizzazione aziendale, politiche di welfare e inclusione, adozione dell’HR tech: questa sequenza riporta alcune delle parole chiave con le quali si costruiscono il presente e il futuro del recruiting che, superata la fase più critica della pandemia, è tornato a mettersi in moto.

Lo raccontano i dati Istat¹: dopo ben cinque trimestri in cui sono stati registrati notevoli cali occupazionali, la seconda parte del 2021 si è aperta con la crescita del numero di occupati in Italia: un + 2,3% rispetto allo stesso trimestre del 2020 (parliamo di +523 mila occupati nella fascia tra 15 e 64 anni).

Il Nord assume ancora il ruolo di guida nei tassi di occupazione, con il 66,5%, anche se questo dato maschera una differenza sostanziale tra uomini (73,5% degli occupati) e donne (59,5%), le quali restano le vittime principali della crisi del lavoro provocata dalla pandemia, come si evince anche dai tassi di inattività, 35,7% rispetto al 22,5% degli uomini.

«Le donne sono più istruite degli uomini. Secondo dati Istat, il nostro Paese conta infatti un numero maggiore di donne laureate (22,4%) rispetto agli uomini (16,8%). Questo è un paradosso che non scopriamo oggi, ma che diventa ancora più preoccupante in una fase in cui le aziende sono in ripresa e hanno bisogno di crescere velocemente, conquistando nuovi spazi di mercato. Le imprese devono intercettare le migliori risorse e, più in generale, aumentare le quote di diversità per accrescere la competitività. Per farlo, devono espandere la ricerca oltre i bacini classici, università e istituti tecnici, ai quali erano abituate. Oggi le maglie della rete dei talenti si sono allargate grazie alla formazione online, entrata sempre di più nella cultura delle persone. Il talento oggi è anche autodidatta e, in tal senso, può nascondersi tra le mura di casa»,